Viaggio nel mondo del Design: ACasa intervista l’architetto Valentina Fisichella

Ci sono progetti ideati e curati da giovani progettisti che nel panorama del contemporaneo tracciano nuove possibilità, aprendo varchi ed utopie praticabili.

Sin dalla prima pietra che ne segnò l’illuminato restauro, e già da quando era “solo” un meraviglioso ma polveroso vecchio stabilimento in disuso, che sognava di diventare il nuovo Museo del Design italiano, abbiamo avuto un “debole” se così si può dire per semplificare, per quello che oggi è la prestigiosa sede di ADI, in piazza Compasso D’Oro.

Non solo un Museo che dà lustro alla Storia del Design italiano, ma un luogo aperto, in movimento, un posto fluido di idee e progetti vitali che stanno contribuendo a rendere sempre più bella Milano e la sua proposta culturale.

Oggi abbiamo scelto di incontrare l’architetto Valentina Fisichella, siciliana che da anni vive e lavora a Milano con lo studio bgpiù progettazione, e che in ADI ha curato e cura mostre e progetti decisamente inediti aprendo a contaminazioni che sono bellissime sinergie.

Tra tutti ricordiamo i recenti “Feeling Good. Caimi design per il futuro” un’esposizione non celebrativa, un focus narrativo sul vero DNA della famosa azienda italiana a 75 anni dalla sua fondazione, nel mese di aprile scorso.

E ancora Valentina Fisichella è curatrice di un progetto che ha generato un meraviglioso dialogo tra la Musica e il Design del XX secolo, insieme ad Alessandro Colombo e Simone Libralon, sulla base di un’idea di Luciano Galimberti.

Ma il design lo si può ascoltare davvero?

Ascolto è anzitutto sinonimo di comprensione, ma verso il design stiamo sperimentando anche un ascolto concreto, aprendo occhi e orecchie sui principi compositivi che abbiamo riscontrato simili rispetto alla musica del Novecento.

Quindi si può interpretare il design attraverso la musica, come stiamo facendo nel progetto “Ascoltare il design”; ma è anche altrettanto vero che molte volte il design ha la capacità di predisporci all’ascolto e farci stare bene, come abbiamo sperimentato attraverso la mostra “FEELING GOOD. Caimi design per il futuro”.

Quanto la musica riesce a contaminare un progetto con il suo potere onirico?

Probabilmente influenzata dalla mia formazione musicale (ho diploma di conservatorio di pianoforte), io non credo tanto in un “potere onirico” della musica: la musica è Arte, è espressione universale di ragione e sentimento, invenzione che travalica il tempo e lo spazio.

Il progetto invece è legato a un tempo e al suo spazio, è una delle risposte possibili nella gamma di infinite variazioni del rapporto forma-funzione, e la progettazione può riferirsi alla musica per aspirare all’universalità, e trarne l’insegnamento del ritmo, del canto, dell’armonia.

Ci sono progettisti che pensano a compartimenti stagni… e poi ci sono quelli che amano le contaminazioni. Lei esattamente come si racconta?

Credo che nessun bravo progettista possa realmente prefigurare il futuro attraverso un pensiero per ”compartimenti stagni”, essendo il progetto per sua natura costruito sulle relazioni: relazione tra natura e artificio, relazione con la materia e le tecnologie, tra memoria e futuro, tra interno ed esterno.

E così noi progettisti dobbiamo muoverci incessantemente nell’ambito di uno scenario aperto, sempre pronti a cogliere le questioni più variegate e dimostrandoci quindi permeabili alle contaminazioni più diverse.

Come è nato il progetto Ascoltare il Design?

L’ADI Design Museum – Compasso d’Oro ha la spiccata vocazione di museo di ricerca, e in questa ottica il progetto “Ascoltare il design” ha trovato la sua sede migliore, essendo un esempio tangibile di dialogo tra discipline apparentemente distanti e di ricerca metodologica per una rilettura critica del design italiano, in particolare della Collezione del Premio Compasso d’Oro, che quest’anno compie 70 anni.

“Ascoltare il design” è scaturito dall’idea di portare avanti un’esplorazione degli oggetti di design condotta attraverso la “forma”, ossia attraverso un approccio fenomenologico, basato sulla percezione: abbiamo infatti constatato che negli oggetti di design, nella loro forma, ci sono caratteristiche che si ripetono invarianti nel tempo, e che vanno oltre firma e cifra stilistica dell’autore e oltre la classificazione puramente tipologica.

A partire dai nostri approfondimenti e da un confronto poi fatto con Simone Libralon, abbiamo quindi capito che la chiave di lettura di questo fenomeno complesso sarebbe potuta coincidere con la musica del Novecento: e infatti abbiamo riscontrato evidenti affinità tra i principi compositivi di 150 anni di storia del design e quelli delle correnti musicali del XX secolo.

Vista la grande partecipazione ci sarà una nuova edizione? Ci dà qualche anteprima?

I quattro eventi organizzati presso l’ADI Design Museum hanno dato a noi curatori l’opportunità di confrontare le nostre idee sia con il pubblico che con alcuni esperti della disciplina, Francesco Zurlo, Fabio Cirifino, Stefano Casciani. Al termine degli incontri abbiamo pensato che sarebbe stato opportuno anzitutto trasferire in un testo scritto la nostra teoria, ed anche organizzare un nuovo momento finale, che servirà a sintetizzare le affinità compositive tra poetiche del design e correnti musicali.

In anteprima posso dire che l’evento di presentazione del libro si svolgerà ancora all’ADI Design Museum, in occasione della settimana di BookCity.

Potrà evolversi e contaminarsi con nuove altre arti?

È uno scenario affascinante, e non possiamo escluderlo a priori. La nostra ricerca non si ferma mai! E d’altra parte il buon design e le arti figurative, allargate anche alle nuove tecnologie, si confrontano da sempre.

Il Design italiano cos’ha più del design del resto del mondo? Ed eventualmente cos’ha in meno?

Il design italiano si differenzia dall’international style in quanto si basa sulle relazioni, sui comportamenti delle persone, e una sua parte essenziale è costituita dal racconto che è connaturato, intrinseco al progetto stesso. Forse però tra i designer italiani tende spesso a prevalere la singola personalità, a discapito della valorizzazione dell’identità generale del design Made in Italy.

La mostra che vorrebbe curare … il suo sogno nel cassetto …

Nell’ottica della ricerca continua, non c’è un evento in particolare, bensì un percorso da costruire, fatto da capacità di ascolto della contemporaneità: perché anche le mostre legate al passato devono essere utili per costruire il futuro attraverso l’impegno nel presente.

Io non ho soltanto un cassetto, ma l’ambizione di portare avanti con rigore una professione che mi dà la possibilità di esplorare giorno per giorno i temi legati alla cultura del progetto.

La domanda a cui piacerebbe rispondere …

Progettare è ascoltare il presente. E quindi da progettista mi piacerebbe continuare a farlo per accogliere quante più domande possibili, e poter dare risposte di senso.

Alcuni progetti a cui ha partecipato Valentina Fisichella

anno 2024

“FEELING GOOD Caimi design per il futuro”, mostra presso ADI Design Museum

Curatori: Aldo Colonetti e Valentina Fisichella

Progetto di allestimento: Matteo Vercelloni

Progetto multimediale e live performance: Ex Anima

valentina fisichella

photo credits Archivio Caimi

anno 2023

VIMAR ad Euroluce 2023 Salone del Mobile.Milano

Curatori del nuovo allestimento dello stand:

Luciano Galimberti e Valentina Fisichella | bgpiù progettazione – Alessandro Colombo e Paola Garbuglio | Terra 

Progetto di installazione interattiva su videowall: Ex Anima

valentina fisichella

photo credits Ex Anima

anno 2022

“ALTATENSIONE Vimar made in Italy”, mostra presso ADI Design Museum

Concezione e direzione della mostra: Luciano Galimberti;

Coordinamento scientifico e progetto di allestimento: Valentina Fisichella, con il contributo di Marco Condemi de Felice

valentina fisichella

photo credits Valentina Fisichella

Ringraziamo l’architetto Valentina Fisichella per la disponibilità e per averci raccontato la sua passione e i suoi progetti. ACasa con…” da appuntamento al prossimo mese.