Storie di famiglie italiane che hanno costruito imprese virtuose. Oggi parliamo di Gabel
La storia del Made in Italy è costellata di persone che innanzitutto hanno avuto visioni. Ed è bellissimo quando il racconto di queste visioni, lo ascolti direttamente dalla voce appassionata di uno dei protagonisti. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere dal vivo Francesca Moltrasio, figlia di Giuseppe fondatore nel 1957 di Gabel. Un marchio che è soprattutto simbolo di italianità, di saper fare bene, di cura e attenzione per l’ambiente.
Un cammino visionario quello di Giuseppe Moltrasio, che seguì le orme del padre Domenico che a sua volta, negli anni del primo dopoguerra, nel 1936, aveva una rete di negozi a Milano chiamati Magazzini Ambrosiani del Popolo, dove si vendevano tela, mussola e lino a metro.
Conoscere dal vivo Francesca è stato come un salto nel cuore di Gabel, nella memoria e nei sogni di una azienda, fatta innanzitutto di persone, come, quando lei giovanissima studentessa, partecipava alle prime Fiere e di quanto futuristici e contemporanei fossero già i sogni di Gabel.
Qual è il più bel ricordo che ha di quegli anni? Cosa è cambiato rispetto ad oggi?
I ricordi di quegli anni sono sfumati di colore rosa, per me andare in azienda era motivo di orgoglio e mi sentivo onorata, pregustando il piacere di lavorare accanto a mio papà e a miei fratelli Michele e Massimo, che essendo più grandi di me, erano già entrati in azienda a fare ‘la gavetta’.
Il ricordo più bello lo associo a una visita di Mike Bongiorno nella fabbrica di Rovellasca, all’epoca Bongiorno conduceva la “Ruota della Fortuna”, era il testimonial che mio padre aveva scelto per il lancio del mitico copridivano Poncho, uno dei best seller di Gabel.
Conoscerlo e percepire come volesse sapere tutto del prodotto, delle persone che lo producevano, vederlo andare in giro a intervistare gli operai e ritrovarlo in ufficio di mio papà con le sue mille domande e curiosità, mi colpì molto…. Ricordo che mi disse: “Vieni a lavorare alla ‘Ruota’ da me prima di entrare qui con papà e fratelli!”… che ridere! Mio padre lo fulminò con lo sguardo.
Gabel è una family company, oggi alla seconda generazione, che ha deciso di mantenere l’intera produzione in Italia. È questo il segreto del suo successo?
Certamente! Questo è uno dei valori premianti che ci caratterizza e ci distingue da chiunque altro in Italia e in Europa. Far quadrare i conti – nonostante questa decisione in cui crediamo molto ogni giorno – non è cosi semplice…ma non rinunceremo mai a questa scelta di qualità e modo di fare impresa.
Fare i converter premierà, forse, finanziariamente, ma non ha nulla a che vedere con il fare impresa: avere un’industria tessile è una responsabilità enorme sia in termini sociali, di occupazione, sia in termini di investimenti.
Il Gruppo Gabel è questo e non credo che potrebbe essere altro… certo, se la politica prendesse coscienza di realtà come la nostra e difendesse la filiera tessile italiana e il così detto ‘Made in Italy,’ e non solo si riempisse la bocca di vani complimenti e belle parole, sarebbe più costruttivo, positivo e più semplice.
La storia del Gruppo Gabel attraverso il suo iconico logo rosso, ce la racconta?
Il logo si è evoluto nel tempo in realtà, non è nato rosso; ha seguito mode e modi di comunicare del tempo. È stato studiato da Pierluigi Cerri, un uomo importante per la comunicazione in Italia, che ha creato i più importanti loghi e che lavorava a stretto contatto con l’architetto Gregotti che ha progettato agli inizi anni ‘70 la nostra sede.
Siamo sempre stati rispettosi e molto attenti nella gestione della brand image, per esempio da qualche anno abbiamo deciso di inserire la data della fondazione all’interno del logo. Inoltre recentemente abbiamo deciso di introdurre o meglio virare il colore rosso del brand Gabel1957 con una tonalità tortora per segnalare collezioni più ricercate e testimoniare l’anima sostenibile e attenta all’ambiente del Gruppo.
Questo nuovo colore simboleggia l’impegno concreto verso la sostenibilità e la tutela dell’ambiente, riflettendo una sempre maggiore attenzione alle tematiche ambientali e l’adozione di pratiche sostenibili in tutte le nostre attività.
In merito alla curiosità del nome Gabel, potrei dirle che si tratta di un nomignolo con cui in quegli anni veniva identificata la famiglia di mio nonno. Così quando mio padre fondò l’azienda, decise di non esporre troppo la famiglia con il proprio cognome ed optò per Gabel: chi ci conosceva bene sapeva che eravamo noi.
Sicuramente la sostenibilità ambientale è uno dei valori fondanti del Gruppo Gabel: cosa fate esattamente per rispettare questi ideali?
È parte del nostro DNA, qualcosa che scorre nelle vene della nostra famiglia e che guida costantemente e ininterrottamente tutte le nostre scelte. Tutti gli impianti produttivi del Gruppo utilizzano esclusivamente energia da fonti rinnovabili e soprattutto hanno un sistema avanzatissimo di riciclo delle acque che consente, ovviamente, di tutelare l’ambiente.
Allo stesso modo, le altre strutture del gruppo (unità produttive di Buglio in Monte e Rovellasca, oltre a tutti i negozi di proprietà) utilizzano energia verde certificata, proveniente da fonti rinnovabili (negli anni ‘80 abbiamo anche acquistato una centrale idroelettrica sull’Isonzo).
Siamo certificati STeP by OEKO-TEX®, la nostra collezione Memoria di Somma1867 ha ricevuto la certificazione GOTS, la più importante a livello internazionale, per la produzione sostenibile di prodotti tessili realizzati con fibre naturali da agricoltura biologica.
Stiamo lavorando al Bilancio di Sostenibilità e direi che questa attenzione verso l’Ambiente permea il nostro fare quotidiano a tutti i livelli, da sempre, anche da quando di sostenibilità ne parlavamo in pochissimi, per non dire di occuparsene veramente e concretamente…
Qual è, se c’è, la collezione che più di tutte rappresenta Gabel1957?
Per riconoscibilità, per longevità e per quanto sia amata dai nostri clienti direi la collezione Naturae che quest’anno ha festeggiato 25 anni. Nata nel marzo del 1999, la collezione Naturae è caratterizzata da sempre da charme e stile senza tempo.
Dedicata alla Natura e studiata per rispettarla, è una collezione trasversale, che veste tutta la casa, dalla camera da letto al bagno, dalla tavola al living (centinaia i suoi disegni, alcuni dei quali rimasti ancora oggi best sellers) e realizzata esclusivamente con cotone e lino non trattati e certificati negli stabilimenti Gabel in Italia.
Ma ne abbiamo diverse, molto amate: la spugna della collezione Mille – caratterizzata da una palette colori vastissima ma soprattutto dalla sua morbidezza! – la collezione romantica Profumo di Lavanda, il copridivano Poncho, la nostra collezione colorata e giovane Joy, la raffinata Tendenze che quest’anno ritorna dopo tanti anni di assenza.
Cosa vede nel futuro del Gruppo?
Vedo un’azienda che sempre di più si caratterizzerà per un prodotto di qualità, con uno stile colorato e moderno, molto curato e inedito, diverso da tutta la proposta che si può trovare in giro, per l’attenta selezione delle migliori materie prime, lavorate e tessute con le più moderne linee produttive, declinate in collezioni che esprimono lo stile e la creatività italiana.
Il Made in Italy è ancora un sogno internazionale?
Sì, credo di sì, il rammarico è che non lo sia in Italia semmai… pensare alla tradizione del corredo e essere arrivati oggi a non saper distinguere un prodotto ben fatto da uno che non lo è, mi rattrista molto… e credo che ciò sia emblema di quella cultura tessile italiana che a mio avviso sta morendo, si sta andando a perdere sempre più…
La domanda che avrebbe voluto ricevere in una intervista ma non ha mai ricevuto?
“È il lavoro che pensavi di fare da piccola? E lo sceglieresti di nuovo?” E la risposta è si, sì da quella lontanissima 4ª elementare in cui il maestro in un tema ci chiese “Cosa vuoi fare da grande?” ed io senza esitazioni risposi: “Lavorare con il mio papà e i miei fratelli!”.
Caterina Misuraca