Essere architetto e designer per Massimo Farinatti, due anime che si fondono insieme

Il nostro viaggio negli studi e nelle case di professionisti del design contemporaneo ci sta portando felicemente a conoscere da vicino chi sogna e progetta un mondo più bello. Interviste con architette, architetti e designers visionari del panorama italiano impegnati in percorsi che coniugano etica ed estetica con una priorità assoluta: la sostenibilità. Oggi siamo nuovamente a Milano e siamo entusiasti di incontrare Massimo Farinatti, architetto e designer che nel cuore del quartiere Isola, sogna mondi meravigliosi.

Partiamo con un salto nel passato: nella tua vita hai incontrato grandi maestri del design italiano e vorremmo chiederti chi più ha lasciato in te un seme, un segno che continui a perseguire?

Ho avuto la fortuna di dover lavorare per poter studiare. Io la chiamo fortuna perché mi ha permesso di avere una formazione non solo accademica ma anche professionale e quest’ultima a contatto con ottimi progettisti. Alcuni li ritengo miei maestri, altri mi hanno formato, altri ancora mi hanno ispirato.

Rodolfo Bonetto ad esempio: ero disegnatore tecnico alla Cimbali quando lui progettava la M20. Ricordo che la sala riunioni era vicina alla fila di tecnigrafi con contrappeso della Sacchi. Ecco, non si può descrivere l’agitazione che provavo quando arrivava “l’architetto” (poi mi dissero che lui non amava quando lo chiamavano architetto…) e dovevo portare in sala riunioni i disegni costruttivi che avevamo sviluppato sulle indicazioni del suo studio.

Facevo di tutto per perdere tempo per fermarmi ad ascoltare quello che diceva. Forse non ho imparato nulla direttamente da Bonetto ma ero affascinato dalla sua autorevolezza professionale. Così, quando mi sono trovato a scegliere quali corsi seguire come matricola alla facoltà di architettura, la mia prima scelta fu quella di iscrivermi al corso di progettazione artistica per l’industria di Marco Zanuso.

Lo studente Massimo Farinatti

Devo dire che gli altri studenti del corso mi guardavano in modo strano e alcuni sogghignavano. Per farla breve, al corso di Zanuso si iscrivevano solo gli studenti degli ultimi due anni, ma sono un tipo ostinato e quindi pur non potendo fare i progetti assegnati, seguivo le sue lezioni.

Poi quando i gruppi di tesi scoprirono che ero bravino con il tecnigrafo, ho cominciato a far parte del corso. Tant’è che alla fine, durante le sessioni d’esame, ero l’assistente dei suoi assistenti Francesco Trabucco, Alessandro Ubertazzi e Alberto Gardino.

Oggi posso dire che lui mi ha lasciato quell’imprinting strettamente legato all’architettura e al design, quasi fossero un unicum, dove la cultura del progetto è l’elemento scatenante dell’azione creativa. Unito a una costante attenzione all’innovazione, all’uso sapiente dei materiali e delle tecnologie e all’essere positivamente insoddisfatto. E sempre rivolto alla ricerca di come migliorare il progetto per migliorare il quotidiano dell’uomo.

Essere architetto e designer ti porta a procedere su più livelli professionali: nei tuoi progetti credi prevalga una delle due anime o insieme si fondano bene?

Io ritengo che ciò che differenzia l’approccio italiano al design sia proprio la disponibilità e l’attitudine di procedere su più livelli professionali. Penso alla doppia elica del nostro DNA che si è formato nelle botteghe del rinascimento e spero che qualche molecola di questo prezioso DNA sia presente anche nel mio.

Nei miei progetti è naturale che le due anime si fondano in un continuo confronto fra oggetti, luoghi, spazi, relazioni e azioni, per dar vita infine a progetti di senso.

La luce è uno dei punti di forza del tuo mondo progettuale: raccontaci cosa è per te la luce in un progetto

La luce svela le cose. Prima della luce, il mondo era vuoto e deserto. Nelle cose svelate lo sguardo trova il senso delle cose a seconda di come la luce vi si posa.

Massimo Farinatti

Se guardiamo un’immagine di dune rosse nel deserto dove la luce del sole esalta le forme, il nostro spirito è pronto ad abbracciarne la bellezza, prima di pensare all’impossibilità di sopravvivenza. Stando fermi davanti a un’ombra proiettata dal sole, possiamo vedere lo scorrere del tempo.

Come designer poi ho il privilegio di poter progettare la luce, un elemento artificiale impalpabile. Senza questo elemento 15.000 anni fa gli sciamani che si infilavano per centinaia di metri nelle grotte di Altamira non avrebbero potuto disegnare su quelle pareti i dipinti che hanno affascinato Picasso.

Quando la luce è parte integrante di un progetto penso sempre a come potrà essere utilizzata e che relazione avrà con colui o colei che l’accenderà.

Negli specchi che progetto per Vanità & Casa, per esempio, la luce è parte integrante del prodotto finito. Senza di essa verrebbe meno una caratteristica fondamentale che rende unico lo specchio.

Massimo Farinatti

Diversamente, nel sistema di illuminazione e fono assorbenza Hush che ho progettato per Martinelli Luce, i profili in alluminio con sorgente luminosa LED diventano gli elementi di fissaggio dei pannelli Snowsound di Caimi Brevetti. In questo modo celano la fonte luminosa, direzionata sulle zone operative,  diffusa nella parte che va verso il soffitto in modo tale da generare confort nel posto di lavoro.

In che maniera per te il design potrà “salvare in mondo”?

Cerchiamo d’essere realisti: il mondo non sarà salvato dal design. Allo stato attuale delle cose, il cambio di approccio all’uso che facciamo del nostro pianeta dovrebbe essere troppo repentino affinché il design possa salvarlo. Rimango però convinto che quella che io chiamo “la piccola rivoluzione quotidiana”, fatta di attenzioni, consapevolezze e responsabilità individuali, possa essere la strada per mettere in atto la vera rivoluzione.

Questo approccio è intrinseco nel Design, e scrivo Design con la D maiuscola perché mi riferisco all’approccio progettuale che maestri come Victor Papanek hanno cercato di insegnare in tempi non sospetti. Penso che non esista il “design sostenibile”, se non lo fosse non sarebbe design.

Ogni volta che mi è dato il privilegio di progettare un prodotto, immaginare uno spazio per farlo diventare un luogo, influire sulla politica aziendale come art director, cerco di mettere in pratica questo approccio. Con la convinzione che possa essere la leva per la salvezza del mondo.

Sono un inguaribile ottimista e continuo imperterrito in questa mia piccola missione immaginando un mondo migliore che parta dalle piccole azioni che ognuno di noi può e deve fare.

Cosa presenterai alla prossima Design Week?

Per il Salone del Mobile ho progettato gli stand per Vanità & Casa e Vanità Living (che espongono i loro specchi bagno e living in padiglioni diversi). Per questa azienda, di cui sono art director, ho disegnato alcuni specchi, come XO inserito nell’Index ADI 2022 e Oceano Round che ha vinto l’IF 2023.

Massimo Farinatti Massimo Farinatti

Inoltre al Salone presenteremo Boomerang, uno specchio con il quale Vanità Living prova a percorrere nuove strade. Ho infatti utilizzato intarsi di legno per creare una cornice dalle forme organiche che dialogano con la luce, che appare solo quando necessario grazie al sistema brevettato Ghost.

Per questo progetto, nella fase investigativa, mi sono avvalso dell’Intelligenza Artificiale che, grazie all’elaborazione di opportuni prompts ha formulato diverse opportunità. Da queste ho poi elaborato il disegno finale del prodotto.

Un altro elemento che ho progettato sempre per loro è Nibiru Shoes uno specchio verticale che ruotando di 180 gradi svela un porta scarpe.

L’evoluzione del nostro quotidiano, soprattutto nelle generazioni più giovani, ha innalzato il rispetto che abbiamo per il nostro ambiente domestico. Ora entrando a casa nostra o di amici è normale togliersi le scarpe e allora perché non progettare un elemento d’arredo che possa essere d’aiuto per questo rito?

Cosa non dovrebbe mai mancare in una casa?

Amore e armonia. L’amore espresso dai rapporti umani e dalle relazioni che si creano con gli oggetti di cui decidiamo di circondarci, spazi e oggetti che ci accolgono ricordandoci d’essere nel nostro luogo del cuore. L’armonia dal greco ἁρµονία significa “unione”, “proporzione”, “accordo”. E’ la concordanza di elementi diversi che provoca piacere in chi, con il proprio gusto, sceglie mobili, colori e stile.

Ogni spazio domestico dovrebbe esprimere la personalità di chi lo abita.

Cosa sogni per il tuo futuro professionale? Qualcosa che non hai mai fatto e che vorresti …

Rispondo citando Adolf Loos: “Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura.” Ecco vorrei fare qualche cosa che possa essere chiamato Architettura.

Ringraziamo l’architetto e designer Massimo Farinatti per le preziose informazioni sulla sua professione.